Anne Hébert, Un vestito di luce

di Adriana Perrotta Rabissi  

   
Anne Hébert, nata nel 1916 in Canada e qui morta nel 2000 dopo un lungo soggiorno in Francia, è considerata la maggiore  scrittrice canadese di lingua francese. Ha scritto racconti, romanzi, opere teatrali.  Un vestito di luce  è stato pubblicato nel 1999, pochi mesi prima della morte  e vi sono concentrati i temi ricorrenti  delle sue opere, così che  il romanzo risulta quasi un distillato della sua narrativa.
Il titolo richiama  il concetto chiave del libro, la luce, declinato  in vari aspetti; verbi  e  aggettivi riferiti alla luce ricorrono frequenti  nel romanzo sia nelle realtà di oggetti e situazioni vissute, sia  nei sogni dei quattro protagonisti. Così  le scarpe di Pedro, il padre, sono lucide “come fari accesi”,  un vestito di Rose-Alba, la madre, è d’oro e “luminoso come il sole”, un altro di velluto nero è ricamato con stelle luccicanti, le  camicie bianche sono splendenti, i capelli tinti diventano biondo oro:  oggetti e persone  splendono, brillano, luccicano, abbagliano.
Ma  il  vero vestito di luce è l’abito tutto lustrini e pailettes del torero, carriera che Rose-Alba immagina per il figlio Miguel, ma al di fuori di qualsiasi possibilità di realizzazione, dal momento che  Miguel è mingherlino,  poco amante di giochi virili, e la famiglia vive in ristrettezze a Parigi, e non  nell’originaria Spagna, dalla quale la famiglia è emigrata.
Il romanzo è diviso in due parti, la prima durante il settimo anno di vita di Miguel ,  la seconda durante il quindicesimo, momenti topici dell’adolescenza cioè della ricerca della propria soggettività, anche sessuale: Miguel si sente femmina, l’ammirazione per la madre lo porta a concepire una femminilità basata sugli  strumenti di seduzione di un femminile tradizionale: trucchi, vestiti dorati, tacchi a spillo.
Un  vestito di luce è anche l’abito di scena di Jean-Ephrem, ballerino travestito da Angelo della notte, con grandi ali d’argento, protagonista dello show in un locale dal nome Paradiso perduto, che si atteggia a  angelo nero, cioè demone, e si autodefinisce la Bella Bestia.
Inoltre, sempre a proposito di luce, situazioni ricorrenti sono la luce del mezzogiorno, il tempo in cui si apre il romanzo; la luce dello stadio dove si svolgono  le corride, che sono evocate  nelle fantasie e nei desideri dei personaggi e che rappresentano un ambiente luminoso contrapposto al grigiore della  realtà quotidiana, compensazione immaginaria all’atmosfera parigina, alla portineria nella quale vivono Miguel  la madre e il padre, ai “tremolii grigi”  della Senna, in cui Miguel concluderà la sua vita in un’ alba triste.
La struttura del romanzo è particolare e complessa pur nell’apparente semplicità, organizzata con una tecnica teatrale. I personaggi entrano in scena autopresentandosi, la voce narrante è affidata ai brevi interventi di un’inquilina di casa, madame Guillou, che a conclusione della vicenda la commenta brevemente dall’alto del suo   senso comune,  spogliandola di ogni possibile epicità e/o tragicità. La  riconduce infatti  a un banale episodio di cronaca e nello stesso tempo con il suo giudizio incapsula i personaggi nelle loro rispettive caratteristiche tra le quali domina la loro incapacità di evoluzione  mentale e spirituale causa della tragedia  finale.
Rose-Alba, la madre, apre il romanzo,  è  complice e amante in un certo qual modo del figlio, che funziona per lei da vero compagno di vita, per la sua sensibilità, delicatezza d’animo e di aspetto fisico, rispetto ad un marito rozzo.  Sogna lussi, splendori di vestiti e di vita come riscatto della propria misera condizione di straniera, custode di un condominio, impiegata nei lavori più umili. Naturalmente Miguel  viene visto da lei come strumento di riscatto. La relazione tra madre e figlio è al limite del patologico, simbiotica,  il padre è considerato da Miguel “lo straniero”.
Pedro Almevida, il padre, è un operaio edile, saltuariamente occupato, nostalgico della sua Spagna, immigrato e  povero, e per questo ancor più legato all’autorità che il ruolo gli consente nei confronti di moglie e figlio, l ’omosessualità del  quale costituisce un affronto alla sua virilità e dignità.
Miguel è il protagonista assoluto, i suoi genitori sono profondamente inadeguati,  imprigionati nei ruoli tradizionali, sono  irresponsabili e incapaci di accompagnare il figlio nella sua crescita, vogliono entrambi piegarlo alla propria logica, il  padre autoritariamente ,  la madre con blandizie, urla e baci. Entrambi  immaturi e troppo preoccupati di se stessi, senza essere particolarmente cattivi,  sono semplicemente ignoranti e normali.
L’elemento di rottura di un quadro familiare di desolante normalità è l’omosessualità di Miguel, che egli comincia a scoprire da bambino nei suoi desideri, sogni, rifiuti (delle arti marziali a cui lo trascina il padre e in genere degli atteggiamenti di violenza virile esercitati dal padre su di lui e su Rose), fino a riconoscerla apertamente a quindici anni in seguito all’incontro con Jean-Ephrem. Miguel da subito si scontra con la violenza esercitata all’interno dell’istituzione familiare, ma anche con la violenza interiorizzata e fatta propria -da lui come dagli altri personaggi- e presente sotto la forma di condizionamenti sociali e culturali.
Jean-Ephrem de la Tour  è un ballerino, narcisista,  lusingato dall’adorazione che gli tributa Miguel nei confronti del quale alterna tenerezze e comportamenti scostanti.  Ha un’umile origine, proviene da un brefotrofio, ostenta nella sua casa lussi e splendori che non paga e che  alla fine gli saranno pignorati impietosamente dai creditori. Bello ma vuoto e inadeguato perfino al ruolo di principe delle tenebre che si attribuisce, solo lui comunque  in qualche modo “vede” Miguel e lo ascolta. Miguel investe tutto il suo entusiasmo in questa relazione  d’amore fino al suo esito distruttivo: quando vede uscire  la madre dalla camera da letto di Jean, in un tentativo, peraltro non riuscito, di seduzione, decide di suicidarsi, sentendosi tradito in eguale misura dall’uno e dall’altra.

 

 

Anne Hébert
Un vestito di luce
Postfazione di Maria Piera Nappi
Luciana Tufani Editrice,  2007 
pp. 122,  E. 12

 

 

31 marzo 2008

home